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PFAS NELL'ACQUA POTABILE. COSA SONO?

PFAS nascono negli anni '40 come composti chimici detti “di sintesi”. Oggi contiamo oltre 4.000 sostanze appartenenti a questa famiglia, molto utilizzate nell’industria.

Si trovano ormai dappertutto: dalle pentole antiaderenti, a indumenti e scarpe impermeabili, fino ad alcuni imballaggi alimentari, pesticidi e acque del rubinetto.

 

DOVE SI TROVANO?

I processi industriali in cui i PFAS sono coinvolti sono moltissimi grazie alla loro resistenza e alla loro scarsa affinità sia con acqua sia con i grassi. Si tratta infatti di sostanze idrorepellenti e oleorepellenti.

Li troviamo:

  • nei prodotti ad uso domestico per conferire proprietà antiaderenti alle superfici interne delle pentole. Alcuni PFAS sono utilizzati in detergenti, lucidanti per pavimenti e vernici al lattice, come emulsionanti, tensioattivi o agenti umettanti. Inoltre, alcuni PFAS sono utilizzati alla fine del processo di produzione per trattare tessuti, rivestimenti, tappeti e pelle per conferire resistenza all'acqua, all'olio, al suolo e alle macchie;
  • nella produzione di carte e imballaggi oleorepellenti e idrorepellenti nella produzione di tessuti, pelle, tappeti, abbigliamento e tappezzeria (ad es. Gore-Text®);
  • nella produzione di cavi e cablaggi, grazie alla bassa infiammabilità;
  • nell’edilizia, per rivestire materiali che diventino resistenti agli incendi o agli agenti atmosferici (come tessuti di vetro, piastrelle, lastre di pietra, cemento o metalli). Inoltre, sono utilizzati come additivi nelle pitture;

 

I RISCHI PER LA SALUTE

Negli ultimi anni i PFAS e i loro derivati sono stati sotto indagine per il loro effetto negativo sull’ambiente e sulla salute. Sono recenti le notizie diffuse circa la contaminazione dell’acqua destinata al consumo giornaliero in Veneto e Lombardia e Piemonte.

 

PERCHE' SONO UN RISCHIO PER LA SALUTE DELL'UOMO?

«Purtroppo possono penetrare nelle acque sotterranee – spiega il professor Benfenati – se non ben gestiti durante i processi di lavorazione industriale, finendo per accumularsi anche nelle piante. Il rischio di ingresso nella catena alimentare, dunque, aumenta, assorbiti dal sangue con conseguenze che sono tuttora oggetto di numerosi studi scientifici per il loro impatto sulla salute».

Dai risultati di ultimi studi scientifici, sperimentali ed epidemiologici, l’EFSA - Autorità europea per la sicurezza alimentare - ha indicato un aumento dei livelli di colesterolo nell’uomo, e altri studi hanno mostrato alterazioni a livello di fegato e tiroide, del sistema immunitario e riproduttivo, e alcuni tipi di neoplasie. L’esposizione maggiore avviene attraverso ciò che mangiamo e beviamo.

 

Fonte: Fondazione Veronesi Magazine

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